Riccardo Camanini
Discreto. Erudito. Incompreso. Tre aggettivi che vanno a pennello a Riccardo Camanini. E che spiegano forse perché, di tutti i Marchesi Boys, è il solo a occupare poco o mai le luci della ribalta», scrisse per noi il giornalista Andrea Petrini, ai tempi in cui questo ragazzo cucinava asserragliato nel silenzio di Villa Fiordaliso, «Eppure c’è del poeta nel Camanini, nel suo sapiente rispetto dei prodotti, nel mai saccente dispiegamento della tecnica che, oltre a far faville, rispetta la parte di mistero di ogni piatto. E che freschezza, che nitore del gusto nei suoi piatti».
E’ un modo efficace per sintetizzare il lavoro di un fior di professionista, assurto a maggiore visibilità nel 2015, l’anno in cui si è insediato in tutto relax al Lido 84, con le onde del Garda placide fuori (e la stella Michelin accesa subito appena sopra). L’approdo tutto da scoprire di un percorso che ha inizio più di un ventennio fa, quando mette in tasca il diploma di cuoco all’Istituto Tecnico Alberghiero di Darfo Boario Terme (Brescia). «Ma la mia esperienza», ha spiegato lui, sempre modesto, «è iniziata dall’incontro con grandi maestri che hanno saputo indirizzare il mio percorso di vita».
Fine anni Novanta, l’esperienza di 2 anni e mezzo all’Albereta a Erbusco: «Da Gualtiero Marchesi ho esperito un nuovo modo di fare cucina. Una cucina che si fa arte, un’arte che reinterpreta il tempo e lo spazio, catalizzando l’aspetto materiale e quello spirituale, partendo sempre dal prodotto». Seguono importanti esperienze a Le Manoir aux Quat Saison, 2 stelle appuntate sul petto di Raimond Blanc, («Volevo approfondire i canoni della cucina classica francese) e una seconda «e più importante parentesi» a La Grande Cascade di Parigi, a spiare il mestiere di chef Jean Louis, braccio armato di Alain Ducasse.
Dai 24 ai 40 anni, si è detto, la grande esperienza da chef a Villa Fiordaliso («Ho imparato qui l’organizzazione e il significato di responsabilità diretta di un gruppo di cucina»), alternata da brevi momenti formativi dietro a grandi insegne d’Europa: Lucas Carton (3 stelle, chef Alain Senderens), Hélène Darroze (2 stelle), Taillevent (3, con Michel Delburgo); Mugaritz nei Paesi Baschi 2 con Andoni), Hotel Vernet (2, Alain Solivares) e anche da Potel et Chabot, per capire i segreti della grande banchettistica.