Cristian Tomei
Cristiano Tomei è per me uno dei migliori chef del nostro Paese. Rappresenta una sorta di modello (uno dei modelli) di ciò che potrebbe – dovrebbe essere la cucina creativa italiana del futuro: un connubio spettacolare tra territorio, tradizione e apertura alle influenze straniere, magari presentato in modo semplice. Gli piace ricordare la cucina delle nonne, un legame con le sue radici toscane, sia dall’entroterra – lavora a Lucca – che dal mare – è nato a Viareggio nel 1974. In altre parole, la sua cucina esalta i prodotti locali. Sa però abbinarli con una perspicacia rara e un tocco soave con un esotismo mai banale, e sempre interpretati attraverso un approccio italiano contemporaneo.
Questo talento si nasconde dietro una persona insolita e complessa con un atteggiamento guascone e giocoso. Inoltre, il suo L’Imbuto, parte del L.U.C.C.A – Lucca Centro d’Arte Contemporanea, ha poco a che fare con la ristorazione raffinata in termini di ambientazione: sembra quasi un bistrot, anche se elegante. Ma spesso è pieno, pur essendo in un piccolo paese, e senza scendere a compromessi. Non c’è nemmeno un menu: basta dire il numero delle portate e lasciarlo allo chef. Spiega: «La cucina è come il jazz: lo spartito è stabilito, ma le armonie sono il risultato dell’improvvisazione del musicista. Da chef dobbiamo offrire la felicità, il nostro obiettivo è coinvolgere i sensi, utilizziamo tecniche che hanno come fondamenta precise regole chimico-fisiche. Eppure un cuoco [non solo un che fa da mangiare, sottolinea] ha il dovere di mettere in discussione ciò che già si sa», e intraprendere nuove strade.
“Tradire per creare. Rompere le regole. Gioca con la tradizione. Abbina l’impensabile. Tutte queste regole falliscono”: queste parole sono citate dal (non)menu de L’Imbuto ed esprimono, con enfasi esagerata, alcune buone idee. Implicano anche grandi capacità tecniche. Eppure è uno chef autodidatta: ha studiato all’Istituto Nautico e si è formato aiutando nei pranzi di famiglia a base di arselle delle spiagge di Viareggio e asparagi selvatici delle colline tra Lucca e il mare. «Viaggiavo con gli amici surfisti e poi li lasciavo alle onde mentre esploravo mercati, taverne, ristoranti gourmet nei Paesi Baschi, Cuba, Perù, Madagascar e India».
Ha aperto il suo primo ristorante proprio sulla spiaggia a 27 anni, per poi trasferirlo nel centro di Viareggio e infine a Lucca, dove ha conquistato una stella Michelin nel 2014. Utilizza tecniche da tutto il mondo, ma solo materie prime locali: pesce del Tirreno; carne, latticini, frutta e verdura della Garfagnana; erbe, bacche, germogli e fiori di campo che raccoglie ogni giorno sotto i pini e nei campi. Ho la sensazione che non sia mai stato così compiuto, così maturo come lo è adesso: in fondo ora ha due figli (dopo Sebastiano è nato Enea) e la moglie Laura Verpecinskaite lo segue da vicino, mentre lei dirige la sala da pranzo.
Bio by Identità Golose